Mia figlia non ha le orecchie bucate per gli orecchini. Devo ammettere che ci ho riflettuto parecchio prima di decidere di non farlo quando era neonata. In Brasile tutte le bimbe escono dall’ospedale già con gli orecchini installati. A me non l’hanno fatto; ho deciso di farmele forare, le orecchie, quando ero già grande, a forza di sentire altri bimbi chiedere a mamma se ero maschio o femmina perché portavo sempre i capelli corti e non ero particolarmente carina. Ho deciso io ed è stato un episodio epico nella mia vita: mi ricordo il vestito che portavo quel giorno, la farmacia, il dolore (ho vomitato, da quanto mi ha fatto male), la rottura di zebedei che è stato prendersi cura dei buchi appena fatti perché non si infiammassero (e tanto si sono infiammati lo stesso). Se me l’avessero fatto appena nata non avrei sentito tanto dolore (e probabilmente nessuno avrebbe chiesto a mamma se ero maschio o femmina), ma non rimpiango questa loro scelta. Anzi, li ringrazio per avermi rispettato. Perché credo che la libertà di scelta sia una delle cose più importanti che un genitore possa regalare a suo figlio – entro i limiti della ragionevolezza, ovviamente. Oggi sono una patita di orecchini e quando ne esco senza, normalmente per fretta, mi sento mezzo nuda e passo il giorno a toccarmi il lobulo, come se gli orecchini fossero degli arti fantasma.
Mia figlia ha quasi quattro anni e qualche giorno fa le ho detto che Babbo Natale è solo un personaggio fittizio. Personalmente non me lo ricordo come traumatico, il momento in cui ho scoperto che in realtà era un cugino che si travestiva ogni anno per portarci dei regali, che ci compravano i nostri genitori e nonni. Ma non ho neanche ricordi particularmente fenomenali dell’attesa per Babbo Natale. Forse perché né io né mio fratello eravamo molto focalizzati su questa cosa di regali. Ci piacevano, ovviamente, ma a noi basta poco per renderci felici (a me, in particolare, una penna colorata già mi rende la giornata più gioiosa). E quindi abbiamo deciso di dirlo subito a Carolina che Babbo Natale è un personaggio inventato, così come i Barbapapà, Nemo, le principesse Disney e tanti altri. Le abbiamo spiegato che i regali per Natale li comprano i genitori, e che visto che il Natale è, per noi, semplicemente un giorno in cui non si va a scuola e nient’altro, e considerando che lei ha già un mucchio di giocattoli e libri, che compriamo semplicemente quando li vediamo in giro e li troviamo interessanti, tutte queste cose di Natale, regali, Babbo Natale, Gesù Bambino e Befana sono una grandissima boiata. Il mondo è già abbastanza magico senza che abbiamo bisogno di raccontare le balle ai bambini, che si meritano decisamente più rispetto.
E parlando di rispetto (or lack thereof), un altro aspetto delle feste di fine anno che mi fa venire la spuma in bocca è la mania orrenda, idiota e antipedagogica di associare regali (e dolcetti) alle buone azioni. Come se alcun bambino si fosse mai comportato “bene” durante tutto l’anno solo con il pensiero di guadagnarsi un giocattolo e un torrone a Natale. E poi il concetto di “comportarsi bene” che cazzo significa? In Italia, o almeno in Umbria, comportarsi bene vuol dire non sporcarsi, non sudare, non correre. Mia figlia invece fa tutte queste cose – orrore, orrore, gioca addirittura con l’acqua a casa e si bagna tutta! – ed è felice, indipendente e intraprendente. Per me comportarsi bene vuol dire non rompere le scatole agli altri, punto. Categoria che ovviamente esclude “non sudare” e altre assurdità che sento spesso in giro. E quindi solo chi non si sporca ha diritto a regali? Con i quali giocheranno pochissimo, tra l’altro, visto che i bimbi si stufano subito e che è molto più divertente giocare, che ne so, con una stecca di legno? Bisogna essere come i soprammobili, reprimendo tutti i loro istinti infantili più primitivi di correre, saltare, ridere, imitare, fare i versi strani, per poter mangiarsi un ovetto Kinder? Ma fatemi il favore.
Non voglio nemmeno entrare più di tanto nell’argomento battesimo, che considero la più grande mancanza di rispetto nel confronto dei bambini. Sono completamente, totalmente atea, ma anche se non lo fossi non credo che avrei battezzato mia figlia. Perché le decisioni che ci cambiano la vita, come bucarsi le orecchie e entrare a far parte di una setta, sono assolutamente personali e fatte con cautela e cognizione di causa. Trovo il battesimo dei bambini una pratica schifosa (e con “battesimo” voglio dire l’inserimento del bambino in qualsiasi realtà religiosa, con o senz’acqua in testa). Il mio disprezzo per le religioni – tutte, senza eccezione – non è una novità per chi mi conosce, ma ho particolare antipatia per questa imposizione religiosa ai bimbi. La trovo disgustosa, e mancante di rispetto tanto quanto dire ai figli che è la Befana che gli porta i dolcetti. Non si mente ai bambini, punto. Non per paura di creare dei traumi irrisolvibili, ma perché non si fa, per principio. Mentire è brutto e se diciamo a loro di dire sempre la verità, con quale faccia tosta gli lanciamo queste bugie natalizie e bibliche? Io questa faccia tosta non ce l’ho. E quindi niente Babbo Natale, niente Befana, niente Bambino Gesù (che secondo me Carolina ha sentito nominare solo in mezzo alle bestemmie del padre e del nonno). Non abbiamo nemmeno un albero di Natale, che anche se è microscopico non riesco a trovargli un posto; preferisco occupare gli spazi della sala con la cucinetta di legno di Carolina e la sua propria Billy piena di libri e DVD. Capisco l’importanza, per l’essere umano, di feste e rituali, ma, come dico sempre, una cosa buona fatta per il motivo sbagliato, per me, è meglio non farla proprio. Facciamo festa quando ci sentiamo di farla. Per festeggiare un compleanno, un viaggio, la bella canzone che abbiamo ascoltato in macchina. Basta e avanza, no?